Dai pianti negli spogliatoi al “muro Iga”: il 2022 da record di Swiatek

Iga Swiatek ha vinto ancora. Non importa quando leggiate queste righe, succede spesso. Quello che non succedeva da un po’ è che ci fosse una giocatrice così dominante nel circuito femminile. Prima di parlare di Serena Williams, però, andiamo per ordine. La tennista polacca ha appena sollevato il suo ottavo trofeo di uno straordinario 2022, il Wta 500 di San Diego, rifacendosi appena una settimana dopo la finale di Ostrava, persa per mano di Krecjikova. Era stata la prima sconfitta in un match decisivo per il titolo dal 2019, i primi due set persi dopo 21 conquistati di fila nelle finali.
 
VETRINA PIENA—   Se qualcuno si chiedeva che tipo di insicurezze le avesse generato la sconfitta, la risposta è: nessuna. Pronti via, liquidata Donna Vekic per 6-3 3-6… e poi un bel 6-0. Tanto per gradire — è il 21º set quest’anno in cui non lascia nemmeno un game all’avversaria. “Ho sbattuto contro il muro Iga”, ha detto dopo la sfidante. “Ogni cosa che le tiravo, me la rimandava con un colpo migliore”. Tutto questo dopo aver già spazzato via questa settimana la coppia di ragazzine terribili Zheng-Gauff e la terza della race, Jessica Pegula. È la 14ª vittoria nelle ultime 15 partite, che permette alla numero uno al mondo di estendere fino agli ultimi tornei un anno in cui alle avversarie ha lasciato solo le briciole. Sulla sua amata terra e anche sul cemento, superficie dove sostiene di non essere ancora affidabile. E dove quest’anno ha vinto lo Us open, il suo terzo Slam, Doha e il Sunshine Double (l’accoppiata Miami-Indian Wells).
 
ASSO PIGLIATUTTO —   Il suo palmarès parla meglio di Iga Swiatek di quanto lei lo faccia di se stessa. È la tennista, donna o uomo, ad aver disputato più finali e ad aver vinto più titoli quest’anno (9 giocate e 8 vinte). Per lei le due cose sono quasi sinonimi, visto che delle 13 finali disputate nel circuito ne ha persa solo due, la prima in carriera (2019) e la penultima. Per mettere in prospettiva, Alcaraz, il leader fra gli uomini, si è fermato a sette finali e cinque titoli stagionali. Fra le donne, la seconda più “finalista” è stata Maria Sakkari, che è arrivata a tanto così da un titolo quattro volte, ma senza vincerne nemmeno uno. La seconda ad aver vinto più trofei è Caroline Garcia, che però ha portato a casa solo un 1000 e due 250. Per Swiatek parliamo di due Slam, quattro 1000 e due 500. Solo l’argenteria più luccicante.
 
CLASSIFICA—   A due eventi dalla chiusura della stagione, Finals di Fort Worth comprese, Swiatek ha aperto una voragine fra lei e le sue avversarie, sul campo e nel ranking. È dal 4 aprile che è al primo posto nella classifica mondiale — 29 settimane, la 14ª striscia più lunga di sempre — e non lo lascerà presto. In tutto ha raccolto 10.835 punti, che sono più del doppio di quelli che ha la seconda in classifica, Ons Jabeur (e quasi due volte quelli di Alcaraz, fra gli uomini). Non è un dominio stile Djokovic nel 2016 (arrivò a 16mila punti), ma non siamo così distanti dai 12.040 di Serena nel 2013. Dal 2010 a oggi, nessuno ha mai fatto così tanti punti quanto loro due in una stagione.
 
LEADERSHIP —   Dicevamo, Serena. Sempre in quel 2013 erano arrivate 78 vittorie, una quota che aspetta pazientemente di essere superata. Oggi Iga è arrivata 64. È già il numero più alto di vittorie mai raggiunto da Wozniacki nel 2017 e, nella migliore delle ipotesi, potrà giocarne altre 10, di partite (fra Guadalajara e le Finals). Williams, insomma, è al momento inarrivabile, a partire dai numeri. Ma nell’anno del suo ritiro (e di Ashleigh Barty), è una buona notizia per il tennis femminile che si sia sviluppata un’altra leadership — molto diversa, ma che promette ugualmente di resistere per gli anni a venire.
 
DOVE NASCE IL DOMINIO —   Una leadership che non può essere data per scontata. Perché Swiatek ha ancora 21 anni e questo per lei è stato, comunque, un anno di crescita, di scoperta personale. Un anno in cui comunque non ha ancora trovato le misure all’erba, superficie che rimane da decifrare e dove ha interrotto una striscia di 37 vittorie di fila con una sconfitta precoce a Wimbledon (un record nel XXI secolo). Ma è stata anche una stagione in cui si è scoperta ingiocabile pure sul cemento, vincendo la sua prima finale Slam su quella superficie. E dire che Iga sostenga di potersi fidare davvero del suo gioco solo sulla terra. L’insaziabile voglia di migliorarsi di un campione. In gran parte alimentata dal lavoro con la sua psicologa, Daria Abramoviwicz.
 
È anche grazie a lei se Iga è passata dal rintanarsi a piangere in bagno dopo le sconfitte all’essere la donna da battere nel circuito. A capire che si può vincere in diversi modi, anche soffrendo. Lei, per ringraziarla della loro collaborazione, le ha regalato un paio di scarpe personalizzate, sulle quali ha fatto dipingere tutti i trofei che hanno vinto da quando lavorano insieme. Peccato che siano già obsolete. Gliele ha donate una settimana fa, per la giornata mondiale della salute mentale, e neanche il tempo di una passeggiata che ha già aggiunto un altro trofeo nel suo palmarès. Di questo passo, fra qualche anno la obbligherà a girare con un 50 di piede. Problemi di chi sa solo vincere, e non importa quando leggiate queste righe.

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