Il meno classico dei Clásicos

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su Gianlucadimarzio.com. Puoi leggerlo su questo link.

In questi giorni, in Spagna, si sta cercando l’etichetta giusta da attaccare al primo Barcellona-Real Madrid di questa stagione. Il solito gioco mediatico per aggiungere attesa a una partita che non ne ha bisogno. “Il clásico dei ragazzini” sembra essere l’opzione più quotata: Ansu Fati, la nuova speranza dei catalani, sfida Vínicius, la stella ad intermittenza dei blancos. 

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“Non importa, il clásico è sempre un clásico, sono le due squadre che contano”, ha risposto Zinedine Zidane nella conferenza stampa del venerdì, con la faccia soddisfatta di chi ha spento sul nascere l’ennesimo titolone della sua carriera. È stato vagamente più poetico ma altrettanto schivo Ronald Koeman dicendo che “non è importante l’età di un giocatore, ma il suo rendimento”.

La verità è che questo sarà il meno classico dei clásicos da tanto tempo a questa parte. Scordatevi Galácticos o Dream Team: Barcellona e Real Madrid giocheranno per mettere uno spesso stato di trucco sulla faccia triste e stanca che hanno mostrato in quest’inizio di stagione; per guadagnare qualche giorno in più per ricomporre i pezzi di due squadre insoddisfatte ed insoddisfacenti. 

Il Barcellona lo è innanzitutto per le sue instabilità interne — che in un modo o in un altro vengono sempre fuori sulle pagine dei periodici e che si riflettono in campo in una mancanza di direzione comune. Il Real Madrid perché, sebbene istituzionalmente più tranquillo, è tornato indietro alle grandi incertezze di un anno fa.

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Come arriva il Barcellona

Non c’è un giorno in cui ci si annoi in Catalogna. Un martedì vinci per quattro gol di scarto in Champions e annunci quattro rinnovi. Il giorno dopo, attraverso una lettera formale alla società, i restanti giocatori della rosa definiscono “vergognoso e povero” il comportamento della dirigenza nel proporgli adeguamenti di contratto al ribasso per far fronte alla pandemia. Sullo sfondo, un presidente che non sa decidere se dimettersi o farsi cacciare attraverso il voto popolare.

Ma non finisce qui. Successivamente, uno di quelli che, sì, avevano accettato il rinnovo d’emergenza, Gerard Piqué, ci ha tenuto a precisare a La Vanguardia come comunque gli sia sembrata una “barbarie” che il club prima spendesse soldi “per criticare” (il riferimento è al famoso “Barça Gate”) gli stessi giocatori a cui ora stanno chiedendo di abbassarsi lo stipendio. Non è mancata nemmeno occasione di definirsi “innervosito” dalla gestione del caso Messi da parte della dirigenza: “Dobbiamo preservare i nostri campioni, non screditarli”, ha detto.

Certo, non ci si può dimenticare di Messi. L’argentino non ha smesso di essere una risorsa ma nemmeno di apparire infastidito e demotivato. Oggi, le grandi speranze sono i bambini: i luminosi Ansu Fati e Pedri sono diventati i primi due minorenni a segnare in una stessa partita di Champions nella storia della competizione. Un 5-1 un po’ troppo sofferto contro il modesto Ferencvaros, ma che almeno aiuta a tirare su il morale dopo la prima sconfitta stagionale (1-0 a Getafe) ed un paio prove in cui la squadra è sembrata vagare in campo senza una rotta comune.

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In panchina quest’anno siede il sergente Ronald Koeman, quello che ha scaricato Luís Suarez in soli 60 secondi di chiamata e che in 20 minuti di conferenza pre-partita sorride solo una volta: quando gli chiedono di raccontare il suo primo clásico, deciso da una sua doppietta. 

Koeman, però, non è stato preso solo per fare “il cattivo del film”, ma anche per portare un’aria di cambiamento. Tatticamente, il Barcellona adesso si sistema con due mediani (situazione che parrebbe mettere in mostra la migliore versione di De Jong, fino ad ora più vicino a Busquets che a Pjanic), un trequartista (il redivivo Coutinho) e tre attaccanti (Ansu Fati ed altri due, verrebbe da dire, visto che il diciassettenne è stato l’unico giocatore veramente determinante di questo inizio di stagione).

Tuttavia, serve ancora tempo per assimilare le nuove idee, creare l’ambiente giusto per non perdere alcuni giocatori (Griezmann e Dembelé su tutti) e, se possibile, persuadere Messi a tornare propositivo. Quest’ultimo fattore acquisisce speciale importanza per questo clásico, dato che l’argentino non segna contro il Real da 6 partite (giusto da quando Ronaldo non ci gioca più). 

Una buona notizia? Ritorna Jordi Alba, giocatore chiave per i culé.

Come arriva il Real Madrid

Il Real Madrid sembra aver ripreso il calendario di un anno fa ed averlo aperto esattamente ad ottobre. Di questi tempi, infatti, i blancos perdevano 1-0 contro la neopromossa Maiorca toccando il fondo in quanto ad efficacia e gioco espresso. Un dejavú non indifferente rispetto a sabato scorso, quando lo stesso risultato lasciava le stesse sensazioni, con la sola differenza che si produceva al Ramón de Carranza di Cadice (altra neopromossa) e non al Son Moix. 

La novità è la nefasta serata di mercoledì, quando il Madrid si è arreso per 3-2 contro uno Shaktar con tredici indisponibili, prendendo tre gol in 45 minuti. I madridisti sperano dunque che sia questo il momento in cui toccano il fondo per risalire, e che il clásico non rappresenti la terza caduta consecutiva.

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Di nuovo come un anno fa, sono tornate di moda le voci di esonero di Zidane, oggi sicuramente più infondate vista la penuria di partite in cui ha potuto dimostrare di meritare ancora la panchina bianca. “Non è una follia — ha diplomaticamente commentato lui — è quello che si dice”. Il francese può almeno aggrapparsi alle statistiche: quando è andato a visitare il Camp Nou non ha mai perso (2 vittorie e 3 pareggi, tra cui lo 0-0 della scorsa stagione).

Restano fuori Carvajal, Hazard e Ødegaard, ma la buona nuova è il ritorno di Sergio Ramos, la cui assenza spiega in larga parte il black out dell’ultima uscita. Insieme al massiccio turnover di Zidane, che ha voluto tenere in fresco altri fra i suoi giocatori più importanti. Anche quelli che non riposano mai: vedi Benzema, per esempio, che in 46 partite l’anno scorso era subentrato due volte e rimasto in panchina solo una. Mercoledì al suo posto ha giocato addirittura Jovic, che gode di tanta fiducia che spesso gioca solo i cinque minuti finali.

“È stata una brutta partita, una brutta notte. Hanno segnato un gol e non abbiamo saputo alzare la testa”, ha detto Zidane dopo lo Shaktar. Ma bisogna dire che il Real Madrid contro il Barcellona dovrà provare ad andare oltre ad un brutto periodo in generale, per ritrovare la solidità difensiva ed i gol pesanti che fino a poco tempo fa erano il suo marchio di fabbrica e che oggi sembrano un miraggio. Basterebbe girare velocemente le pagine del calendario: un anno fa c’è riuscito ed ha dominato il girone di ritorno della Liga.

Un Clásico atipico

Con queste premesse, nel primo Barcellona-Real Madrid a porte chiuse può capitare veramente di tutto. Ecco, magari potremmo chiamarlo “il clásico dell’incertezza”. Ma non applichiamoci più di tanto: alla fine il clásico è il clásico, Barcellona e Real Madrid sono Barcellona e Real Madrid, e a noi non serve altro per convincerci a sederci sul divano per vedere ogni volta la partita più significativa che il calcio europeo ha da offrire.

Di Antonio Cefalù

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