Kasatkina, libera e vincente: la nuova vita della russa ribelle dopo il coming out

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su La Gazzetta dello Sport.
 
Quando le hanno chiesto se condannasse la guerra di Putin, l’imperturbabile volto di Elena Rybakina è caduto nel terrore. Aveva appena vinto l’ultimo Wimbledon, portando il peso di essere nata in Russia (con passaporto kazako) nell’edizione in cui i russi non sono stati ammessi, e la conferenza stampa finale si è rivelata il campo minato che rischiava di essere.
 
Prima di rispondere ha guardato più volte l’addetto stampa in cerca d’aiuto, sapendo che una parola fuori posto avrebbe potuto causare pesanti ritorsioni per lei e la sua famiglia. Se n’è uscita con un “non si può scegliere dove nascere”. Sospiro di sollievo, pericolo scampato.
 
La vicenda di Rybakina racconta come non ci sia un modo semplice di esporsi sulla Russia, oggi, per chi è sotto la lente d’ingrandimento dei media. Ma di sicuro ce n’è uno coraggioso. È quello di Daria Kasatkina, tennista numero 9 al mondo, che ha scelto di guardare in faccia il rischio e dire ciò che pensa. Cioè che “la guerra deve finire”, che la sua Russia sta causando “un incubo in piena regola”, che non vuole che le colleghe “debbano pensare che la loro casa stia venendo bombardata” mentre giocano con lei.
 
COMING OUT—   Come se fosse poco, nella stessa intervista al giornalista russo Vitya Kravchenko, Kasatkina ha rivelato di essere omosessuale, conscia che, da quel momento in poi, difficilmente sarebbe stata libera di tornare a casa. La legge sulla “propaganda gay”, attiva dal 2013, rende infatti illegale anche solo parlare di omosessualità in Russia. “Nessuno vorrebbe essere gay lì. Ma vivere in pace con me stessa è l’unica cosa che importa, e vaff… tutto il resto”.
 
RITORNO ALLA VITTORIA—   La sua ribellione, però, ha avuto solo effetti positivi. Fuori dal campo, perché è diventata un esempio per chi non può parlare. Ma anche dentro al campo, dove la russa si sente “liberata” e ha ritrovato la leggerezza con cui aveva sorpreso tutti nel 2018, anno dell’esplosione nel circuito. Dal coming out, infatti, ha vinto due trofei in un mese. Ha cominciato a San José, primo appuntamento sul cemento americano, e ha proseguito la sua volata nell’ultima settimana a Granby (Canada), cedendo appena quattro set fra i due tornei.
 
GIOCARE LEGGERA—   “Mi sento felice. Libera e felice”, ha detto settimane dopo la sua rivelazione. E non c’è niente di meglio che potesse regalare al suo tennis, che fra tocchi raffinati, variazioni continue ed estro, ha bisogno della leggerezza mentale che ha trovato in questa fase. Basta guardare l’ultimo game della finale di Granby per capire di cosa parliamo. L’assalto di Saville, sua avversaria, per allungare la partita cammina sulla linea sottile fra la furia e la disperazione. La russa è sul 40-15, con due palle del torneo, e si fa rimontare sul 40-40. Prima di vincere, di match point annullati ne conterà quattro, con due break neutralizzati in mezzo. Ma mentre l’avversaria è piegata in due dalla fatica fra uno scambio infinito e l’altro, lei naviga nella lotta con assoluta tranquillità. Slice, lungolinea, cross, rintanate in difesa, pallonetti e discese a rete. C’è di tutto, nel suo tennis, tranne la resa. E funziona tutto.
 
LAVORARE SULLA TESTA—   La storia di Kasatkina, fra l’altro, ci ricorda quanto sia importante per lei star bene con se stessa, prima che sul campo, per far fiorire il proprio tennis. Quando nel 2018 si è presentata al grande pubblico, ventenne, arrivando in finale ad Indian Wells, sembrava destinata a grandissime cose. In quel caso perse con un’altra giovane in rampa di lancio, Naomi Osaka, ma finì la stagione vincendo il suo secondo titolo nel tour, a Mosca. Poi, il buio, fra sensazioni scomparse e la fine del legame con il suo coach. “Mentalmente, ho avuto problemi. Continuavo a perdere ogni partita e ho perso tutta la mia fiducia, ogni giorno di più”. Ci sono voluti due anni, ma ricorrere a uno psicologo l’ha riportata di nuovo in carreggiata. “È stato come togliermi uno zaino pieno di pietre dalle spalle, ho imparato che i cattivi risultati non possono distruggere la bambina dentro di me”.
 
OUTSIDER—   E adesso, gli Us Open. Un’occasione enorme per la russa, che quest’anno ha già centrato una semifinale al Roland Garros. Può essere lei l’outsider in un circuito femminile che, Swiatek permettendo, in questi mesi ci ha ricordato quanto arrivare in forma nei momenti più importanti pesi più dello status? Per informazioni può chiedere a Rybakina. Il passaporto è diverso, ma la lingua è quella.

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