Un infortunio “mai visto prima in un calciatore”, un calvario interminabile, le delusioni all’Atalanta e il metaverso. La nostra intervista a Cristiano Piccini
Cristiano Piccini apre la chiamata su Zoom disteso a pancia in giù. Dietro di lui, ad armeggiare con le sue gambe, c’è Alejandro, il suo fisioterapista personale da quando, due anni e mezzo fa, una frattura della rotula lo ha quasi costretto al ritiro. “La prima cosa che ricordo di quel 28 agosto 2019 è quando alzo la testa da terra e vedo i miei compagni con le mani sul volto, disperati. Uno di loro mi abbraccia, mi butta giù per non farmi vedere cos’era successo e mi dice: ‘Hermano, ne usciremo insieme, tranquillo’. Io sul momento non capivo, poi mi sono visto il ginocchio: non c’era più nulla, un pezzo di rotula era sul quadricipite, un altro sulla tibia”. Fa una pausa. “Lì ho detto: ca**o”. Un’altra pausa, sospira. “Questa è dura”.
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