6 giugno 2010: l’Italia ai piedi di Francesca Schiavone, regina del Roland Garros

Questo articolo è stato pubblicato originariamente su La Gazzetta dello Sport.
 
Definireste “possibile” un evento che non si è mai verificato in 126 anni di storia? Francesca Schiavone ha preso il calcolo delle probabilità e l’ha ribaltato a colpi di rovescio a una mano. La prima pagina del 6 giugno 2010 celebra la sua incredibile vittoria del Roland Garros, che è la prima nella storia del tennis per un’atleta italiana in un torneo dello Slam; la prima, considerando anche gli uomini, dai tempi di Adriano Panatta, anche lui campione sul rosso parigino nel 1976. Prima di lui, sempre lì, era toccato a Nicola Pietrangeli, due volte. È la terra santa del tennis azzurro. Da quel momento, anche la sua. “Schiavo” vince la finale, si getta sul campo e la bacia: allora è di questo che sa la storia.
 
A MODO SUO—   “Ma come ho fatto?”, si chiede giungendo le mani. Dominando, con testa, cuore e gran tennis — è la risposta. Nel torneo perde solo un set, il primo, poi ne infila 13. Gli ultimi due sono quelli che bruciano la favorita Samantha Stosur, battuta in finale 6-4, 7-6(2). Che poi, “favorita”… che importanza ha di fronte a quella Schiavone? Le case di scommesse davano il suo trionfo a 150. In Italia ci avevano puntato in due persone, per un totale di sette euro. E invece eccola lì, alla soglia dei 30 anni. Sul piedistallo, durante la premiazione con il microfono in mano, fra sé e sé si chiede: “Cosa fa Federer in questi momenti?”. Non importa, lei fa quello che farebbe Francesca: abbraccia il trofeo, lo coccola, lo sfiora con le labbra come fossero due innamorati. La prima volta che si videro, a 18 anni, al suo allenatore mentale chiese: “Aiutami a vincere il Roland Garros e a entrare nella Top 10”. Il giorno dopo quella pagina sarebbe diventata numero 6 al mondo. L’anno successivo sarebbe arrivata al numero 4, dove nessun’altra italiana si è spinta dopo di lei.
 
PIONIERA —   Vincenzo Martucci, in prima pagina, le dice “grazie”. La ringrazia per la vittoria, il sorriso, le “reazioni sanguigne”, perché “vieni dalla gente e torni alla gente”. Non sapeva ancora che, nel futuro, l’avremmo dovuta ringraziare per aver aperto l’età dell’oro del tennis italiano. Dopo di lei ci sarebbe stata la finale degli Us Open tutta azzurra fra Flavia Pennetta e Roberta Vinci. L’incontro lo perde quest’ultima, che si consola vincendo tutti i titoli dello Slam in doppio con Sara Errani. La stessa Errani che avrebbe provato a ripetere le gesta della “Schiavo” a Parigi, sconfitta solo in finale da Sharapova, nel 2012. Francesca aveva mostrato la via: è possibile. E lo rimane fino ai giorni nostri, nella fase in cui i ragazzi hanno raccolto il testimone dalle donne. Lo sa Matteo Berrettini, che c’è andato a tanto così a Wimbledon. Si spera di avere presto un’altra prima pagina storica per il tennis italiano, ma nessuna sarà mai come questa, perché è partito tutto da lì.

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