Muchova, abisso e risalita: la sfida alla Swiatek arriva da lontano

Questo articolo è stato pubblicato sul sito della Gazzetta dello Sport.

Scusate se sembra blasfemo, ma verrebbe da rubare le parole di bocca a Víctor Hugo Morales: “Da che pianeta sei venuta, Karolina Muchova?”. Per giocare il tennis più bello del Roland Garros, guadagnarti la prima finale Slam in carriera, eliminare l’ingiocabile numero 2 al mondo, Aryna Sabalenka. La domanda vera, però, è da quale pianeta sia tornata. 

Da che razza di inferno sia dovuta risalire per dare al suo tennis il palcoscenico che merita. Perché Muchova, ceca di 26 anni, non è apparsa dal nulla. È arrivata in grande stile, poi scomparsa, ci ha riprovato e ha fallito ancora, prima di risorgere dalle proprie ceneri. Proprio com’è successo nel terzo set della semifinale con Sabalenka, in cui ha dovuto annullare un match point e rimontare dal 5-2 quando tutto pareva finito. 

 
Più forte degli infortuni
Una corsa a ostacoli
 

Se sabato si giocherà l’atto finale contro la campionessa in carica, Iga Swiatek, è perché nella sua vita “non c’era un piano B”. I dottori le avevano detto che non avrebbe più fatto sport in vita sua. Avrebbe potuto anche credergli: ginocchia, schiena, gomiti, il suo corpo si è ribellato alla sua volontà uno stop dopo l’altro. Un problema agli addominali l’ha tenuta lontano dai campi per sette mesi nel 2021, appena dopo aver raggiunto la sua prima semifinale Slam in Australia. Un anno fa lasciava il Roland Garros su una sedia a rotelle, in lacrime per un infortunio alla caviglia. “Ho avuto così tanti problemi che non mi sono potuta costruire una carriera da junior. Ho giocato così pochi tornei che a stento riuscivo ad avere una classifica. Sono maturata molto tardi. Ero bassa fino ai 16 anni, poi ho iniziato a crescere rapidamente”. Lì sono iniziati i problemi. “Ho giocato sul dolore, poi la situazione è peggiorata. Credo di averli avuti tutti gli infortuni finché non ho finito la crescita. Negli ultimi anni ho cercato di ridurli, ma non scompaiono mai, ho solo trovato il modo di ascoltare il mio corpo”, raccontava nel 2021, quando pensava di vedere la luce in fondo al tunnel. 

La lunga risalita
Obiettivo top ten

Il tunnel sarebbe stato ancora lungo. Lo scorso settembre, l’attuale finalista del Roland Garros era fuori dalle prime 200 al mondo. Dura per una che, nel 2019, si era spinta fino al 21º posto del ranking: “Sono ripartita dai tornei più piccoli, anche se non mi ha fatto sentire così bene”. Quest’anno l’ha iniziato fuori dalle 150, un rapido ritorno in forma — con tre quarti di finale e l’ottavo di Roma — l’ha portata all’attuale 43º gradino del ranking; dovesse vincere il torneo, lunedì farebbe il suo debutto in top ten. Ripassando il suo percorso dopo la semifinale, in sala stampa le hanno chiesto come abbia fatto a resistere a questo infinito calvario. “Ho cercato di rimanere positiva”, ha risposto come se fosse la cosa più naturale del mondo.

Fantasia e forza
Un gioco senza paura

La sua testardaggine ha fatto in modo che non perdessimo una delle giocatrici più luccicanti del circuito. In campo, un solo dogma: “Gioco al tennis che mi appassiona e in cui credo” perché “nella vita mi sono detta che non voglio essere come nessun altro”. Vedere il primo set contro Sabalenka per capire di che parla. Un’ora e 12’ fluttuando a tutto campo, fra passanti a una mano, spericolati serve and volley contro una giocatrice che in media tira più forte di Alcaraz, slice che sembrano rotolare più che rimbalzare, top spin calamitati alle righe. Tutto questo per chiudere il set con un folgorante rovescio lungolinea. Che contro Sabalenka è un po’ come dire: posso batterti col mio gioco, e se voglio pure col tuo. La rimonta nel terzo parziale, sotto 2-5 e con un match point contro, poi, è stata una scalata con tutte le probabilità contro di lei. Il coach-super-star Patrick Mouratoglou ha riassunto dicendo che ha giocato “come se avesse già disputato altre 15 semifinali Slam”. Ma era la seconda. In effetti, quel terzo set pareva troppo per Muchova, che col suo sguardo di ghiaccio provava senza successo a mascherare l’ormai totale assenza di benzina nelle gambe. Lei ha risposto facendo quello che chiunque avrebbe fatto: di fronte all’abisso, rischiare il tutto per tutto. Con la differenza che “chiunque”, senza il suo genio tattico, tocco o varietà, sarebbe finita umiliata dalla numero 2 al mondo. Il suo risultato: 20 degli ultimi 24 punti in palio, cinque game di fila e un pianto di gioia sul Philippe Chatrier. “Emozioni? È stato un giro sulle montagne russe!”.

Ecco la Swiatek
La n.1 non la spaventa
 

Muchova non ha scelto solo il suo tennis, ma ha scelto anche il tennis. Da piccola praticava ogni tipo di sport. Si chiedeva se fosse il caso di andare fino in fondo con la pallamano, poteva finire nel calcio come papà, Josef Mucha, ex professionista che oggi fa il vice allenatore dell’FC Slovacko, arrivato quinto nel campionato ceco. Ha preferito proseguire la dinastia delle grandi giocatrici del suo Paese: oggi si aggiunge a Navratilova, Safarova, Vondrousova e Krejcikova nella lista di finaliste ceche dell’Open di Francia. Con una buona lettera di presentazione per passare da finalista a campionessa: integra o no, Karolina contro una top 3 non ha mai perso. Nel 2021 fermò la numero 1 Barty sulla strada verso lo Slam di casa sua. Ora che la numero 1 è Swiatek, potrà rovinarle la festa nella sua seconda casa, dove è data come vincitrice annunciata dall’inizio del torneo? Andare contro la sorte, a Muchova non dispiace.

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