Alycia Parks, una vita da… Serena e un servizio da record

Seduta al cinema credeva di avere le allucinazioni. Avevano fatto un film sulla sua vita? Afroamericana, cresciuta sin da piccolissima con la racchetta in mano a scambiare con la sorella nel campetto di quartiere, sotto lo sguardo vigile di papà Michael, ex giocatore di basket e suo allenatore.

Sul grande schermo stavano proiettando “King Richard”, il recente film sulla vita delle sorelle Williams, e le loro storie si sovrapponevano in modo anche troppo preciso. “È stato bizzarro scoprirlo, anche per noi le cose andavano così”. Parola di Alycia Parks, che a Lione ha appena conquistato il suo primo trofeo Wta 250, battendo nella sua prima finale in carriera la numero 5 al mondo, nonché padrona di casa, Caroline Garcia senza concederle un set.

 

RECORD 

Parks è stata una totale sconosciuta fino al 2021, quando si è presentata al mondo del tennis scrivendone la storia. Lo ha fatto come un fulmine a ciel sereno, scaraventando un servizio a 207 km/h oltre la rete di Flushing Meadows. Dal nulla, la ragazza di Atlanta è finita sul libro dei record degli Us Open, avendo fatto registrare la battuta più potente di sempre a opera di una donna nel torneo, al pari di un’altra firmata giusto da Venus Williams. “Piacere, Alycia”. Parks, che non ha praticamente avuto una carriera da junior per prepararsi ai suoi ritmi al professionismo, ha consegnato così il suo biglietto da visita alle nuove colleghe.

PROPOSITI 

“Quello che non tutti si ricordano è che dopo sono andata a Indian Wells e ne ho servita una a 210 km/h”, sottolinea la classe 2000 quando le ricordano l’evento. “E di certo non mi fermerò lì”. Nella finale contro Garcia, per esempio, gli ace sono stati 15, i break concessi zero: è la sua arma letale. Poi è sicura di sé, sfrontata, come quando si è messa a tu per tu con il pubblico di Lione negli ultimi, tesissimi, game del set decisivo. Il finale del suo 2022 era già stato esaltante, lasciando presagire che il 2023 possa essere l’anno dell’esplosione. E nel caso qualcuno si fosse persa le sue scorribande, ci aveva pensato lei a mettere le cose in chiaro: “Mi vedo in Top 10 entro fine stagione. So che è un traguardo molto alto, ma è decisamente fattibile per me”. Il punto di partenza era il 75º gradino del ranking, appena raggiunto dopo aver rotto il muro delle prime 100. Dopo un mese è già 50ª (a pari punti con Noskova). La tabella di marcia non va malissimo.

 

RILANCIO 

In realtà, fino a pochi mesi fa le cose non stavano nemmeno girando come lei voleva. L’obiettivo del 2022, l’ingresso in Top 100, era rimasto lontanissimo. Voleva raggiungerlo in estate e dare per chiusa la stagione, ma le oltre 50 posizioni di distanza dalle aspettative l’avevano portata a dare “una spinta in più” sul finale. La scelta migliore che potesse prendere. Allora via di fretta su un aereo per l’altra parte del mondo, che per questione di minuti non è scappato via senza di lei. “Ormai so che quando il destino sembra mettersi contro di me è perché sta per accadere qualcosa di buono. È Dio che mi sta mettendo alla prova”. Test superato: è arrivata a Ostrava, ha battuto l’ex numero 1 Pliskova dandole anche un 6-0 e ha fatto di Maria Sakkari la sua prima vittima della Top 10. Primi quarti di finale nel circuito archiviati con la sconfitta contro Krejcikova, che sarebbe andata avanti fino alla vittoria del trofeo.

TROFEI 

Mica male come riscaldamento. Il 2022, poi, l’ha concluso con 10 vittorie senza sconfitte nel mezzo. Ha sollevato due trofei Wta 125 di fila, i primi della sua carriera. Ha iniziato con Andorra, poi Angers, dove fra le sue vittime ci sono state anche la numero 24 Zhang Shuai e l’ex numero 14 al mondo Marketa Vondrousova. Oggi il suo tennis crudo, tutto potenza e zero pazienza, si è già dimostrato all’altezza di palcoscenici, avversarie e momenti ben più importati. Ed è vero che il 2023 era iniziato con la delusione della mancata qualificazione al tabellone principale dell’Australian Open, ma adesso è anche a quota 15 vittorie di fila sul cemento indoor. Lei la concorrenza l’ha avvertita (“se gioco sempre così non avrò problemi a entrare nei tabelloni…”) e punta a rincorrere la connazionale Coco Gauff, che è già entrata nell’Olimpo del tennis con due anni di anticipo. 

FEDE 

Andando a fondo, non tutto combacia nella storia di Alycia e della collega da record Venus. Niente piani illuminati come quello di Richard Williams, le sorelle Parks iniziarono a giocare nella loro Atlanta per puro caso. O meglio, grazie al cervello di Alycia. Ogni volta che lei prendeva una “A” a scuola, infatti, la mamma la portava al negozio di giocattoli e le dava carta bianca. “Scegline uno, te lo sei meritato”. Benedetto il giorno in cui vide un set da tennis e rimase istantaneamente folgorata. Mamma Erica pagò, portò le ragazze al campetto e aprì un buon libro. La lettura durò poco: il rumore della pallina che andava e veniva, senza fermarsi mai, le fece accendere la lampadina. Chiamò subito il marito: “Qui c’è qualcosa di interessante”. Avevano sette anni, Alycia e Mykaila, solo la prima sarebbe diventata professionista. Manco a dirlo, più che gli inizi qui serve soprattutto un gran finale perché le cose vadano come sono andate alle Williams. Una storia ancora da scrivere, ma su cui Alycia Parks ha già messo la firma. Come quando alza il dito al cielo dopo le vittorie, o nel modo in cui conclude ogni suo post sui social: #WalkingByFaith. In cammino con la fede. In Dio, ma soprattutto in se stessa. Se la seconda è ben riposta mancano pochi mesi perché anche si ricavi un posto nell’Olimpo del tennis.

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